Quando il mostro viene sbattuto in prima pagina, difficile uscirne vivi anche dopo un’assoluzione. Il racconto di un protagonista.
Se si fa parte di un mondo con tanta visibilità, come quello del calcio, evitare gli sbagli è un dogma. Non solo. Capita più spesso di quanto dovrebbe, se si finisce in un’inchiesta legata a scommesse o illecite, essere additato come un colpevole è molto più semplice.
Una pessima abitudine questa, soprattutto per chi si occupa di cronaca giudiziaria. Lacuna deontologica che non manca neanche quando si parla di calcio, con i nomi che vengono sbattuti in prima pagina quando l’indagine è ancora in fase preliminare. Se poi aggiungiamo che i social in tal senso, hanno un effetto moltiplicatore colpevolista, il conto dei danni è presto fatto. Pensando all’attualità, Fabrizio Corona, in una delle sue tante comparsate, ha fatto nomi di tre giocatori che al momento sono esclusi dall’inchiesta Figc. Né Zalewski, né Zaniolo né Casale, sono indagati dalla Procura Federale.
La storia che vi raccontiamo riguarda un ex giocatore della serie A, ritiratosi nel 2019. Nel 2011, quale tesserato dell’Atalanta, in primo grado venne condannato a tre anni di squalifica dal Tribunale Federale per illecito. Assoluzione piena in appello, con il difensore definitivamente riabilitato.
Manfredini e le pene sportive: “Anche se assolto, la fedina resta macchiata”
Quello della giustizia, soprattutto sportiva, a volte si rivela un tritacarne. Tre i motivi principali di questo fattaccio. In primis, di calcio parlano tutti, argomento che occupa le prime pagine di stampa e rete. In secondo luogo, i processi sportivi hanno tempi più stretti e le sanzioni sono immediatamente esecutive.
Infine, la maggior parte degli utenti social, ahinoi, ama sputare sentenze, senza aver mai aperto un libro di diritto né un codice di giustizia sportiva. Thomas Manfredini, 43 anni, attuale tecnico de La Fiorita, squadra del campionato di San Marino, questo piccolo inferno l’ha passato.
Formatosi nella Spal, squadra della sua città Natale, l’ex stopper di Fiorentina e Udinese, nel 2011 viene deferito per lo scandalo scommesse che vide l’Atalanta nei guai, in primis il suo capitano Cristiano Doni. Manfredini, intervenuto ai microfoni di TvPlay, racconta il dramma di chi viene prima accusato e subito condannato, quindi dimenticato quando arriva l’assoluzione definitiva.
“Nel mio caso si parlava di partite vendute, quindi è stato pesante, il brutto periodo che ho passato non me lo ridarà nessuno”, afferma l’ex esterno, ricordando come i primi rumors, già diventino di fatto una condanna. Manfredini ribadisce che i calciatori, tornando sul campo, possano immediatamente rifarsi, rispetto ad altri professionisti che non hanno questa chance.
L’ex Atalanta: “Oggi è più facile scommettere”
Il talento ferrarese ribadisce come ancora oggi, a 12 anni dalla sentenza che ha escluso ogni sua responsabilità, sui siti il suo nome venga avvicinato ad indagini sul calcioscommesse. “È anche difficile recuperare, la “fedina” rimane in un certo senso macchiata”, aggiunge il tecnico.
Manfredini infine, spiega perché ora le tentazioni siano ancora maggiori. “Oggi è molto più semplice scommettere, ovunque, una volta non si faceva perché c’era bisogno di farsi vedere. Oggi, se si ha troppo tempo libero, è facile chiudersi in casa e commettere errori del genere”, ha concluso l’ospite di TvPlay. .
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