Lutto nel mondo dello sport italiano: le redazioni e gli appassionati si stringono attorno al dolore della famiglia.
Il mondo dello sport italiano perde un altro pezzo importante e prestigioso. Se ne va una persona che ha avuto un grandissimo merito, un ruolo decisivo per cambiare, o almeno per provare a cambiare, la mentalità del mondo del giornalismo sportivo italiano rispetto a tutto ciò che non è calcio, o al massimo Formula 1 e ciclismo.
Se per anni in Italia si è parlato di ‘sport minori’ in relazione ad alcuni sport che vantano un seguito meno corposo, vuol dire che a livello culturale una parte del nostro giornalismo ha sempre avuto un limite, un freno evidente. E se le cose oggi sono cambiate, almeno in parte, il merito è anche di chi per anni si è ‘sporcato le mani’ per far sì che anche gli sport ‘minori’ potessero godere della dignità troppe volte concessa, anche gratuitamente, al mondo del pallone.
A volte per elevare gli sport meno seguiti al rango di ‘fenomeno di costume’ servono sicuramente i protagonisti importanti, i risultati prestigiosi. Ammettiamolo: quando Jacobs ha vinto l’oro olimpico, tutti ci siamo sentiti per qualche giorno grandi appassionati ed esperti di atletica. Idem per i successi di Sinner, della nazionale di volley maschile, in rari casi anche per l’Italrugby.
Morto Carlo Gobbi, grande penna del giornalismo sportivo: lutto per gli appassionati
In assenza di risultati, in assenza di personaggi mediaticamente d’impatto, la differenza possono farla però i cronisti, i cantori di gesta più o meno invidiabili. Nel tennis, ad esempio, ci è riuscito per anni il compianto Gianni Clerici, attraverso la sua penna riconoscibile o con le sue mitiche telecronache insieme a Rino Tommasi.
Per altri sport questo ruolo delicato ma importante se l’era invece assunto Carlo Gobbi, un decano del nostro giornalismo, scomparso il 21 settembre all’età di 82 anni.
A riportare la notizia del decesso è stata la redazione di Sky Sport. Gobbi era stato infatti per tutti coloro che si occupano degli ‘altri sport’ un punto di riferimento straordinario. Per la Gazzetta dello Sport aveva per anni seguito sport come il volley o il rugby, anche in un’epoca in cui le notizie non piovevano dal cielo.
Senza social e senza web, per trovare qualcosa di interessante da scrivere era necessario andare di persona a seguire gli eventi, frequentare le palestre e i campi più o meno conosciuti, utilizzare le cabine del telefono per dettare un pezzo, sapendo benissimo che non sarebbe finito né in prima, né in seconda e nemmeno in terza pagina. Serviva pazienza e passione, qualità che non mancavano certo al noto collega.
Carlo Gobbi, che carriera! Era anche nella Hall of Fame della Pallavolo
Nel corso di una lunghissima carriera fatta di oltre quarant’anni di onorevole professione, Gobbi aveva seguito tanti sport differenti, aveva collezionato come cronista ben sette Olimpiadi, numerosi tornei internazionali di pallavolo, rugby o anche hockey, raccontando ogni storia, ogni dettaglio, ogni vittoria o sconfitta che avesse motivo di essere raccontata e tramandata.
E lo ha fatto utilizzando sempre con il massimo rispetto, con grande curiosità, con una competenza che spesso oggi è merce rara anche tra chi approccia al mestiere di giornalista provenendo dalle maggiori scuole, dalle più prestigiose e costose università private o pubbliche.
Perché per diventare grandi cronisti non basta solo un attestato, non serve quel prezioso pezzo di carta, bensì tanto impegno. Serve talento, come quello che ha permesso a un giornalista di essere inserito nella Hall of Fame della pallavolo italiana. Un riconoscimento che forse descrive appieno il valore del suo lavoro.